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Non me la conti giusta! Ovvero, l’informazione e le scelte delle imprese
Vivo e lavoro nella ricca e moderna Europa, più precisamente a Milano, una città vivace, quella che un tempo era la “Milano da bere” oggi è la città di Expo e delle startup. Ho studiato, mi sono laureato in Bocconi (grazie ai miei genitori ed ai loro sacrifici), ho ripreso a studiare, ho superato l’esame di Stato (grazie a me ed ai miei sacrifici) ed ora faccio parte di quella che un tempo veniva chiamata la borghesia delle professioni.
Eppure faccio tremendamente fatica a comprendere la realtà ad analizzarla e a prevederne gli scenari futuri utili per il mio business.
Da qualche anno, la cosa si è acuita con la crisi, non riesco più a disporre di dati solidi su cui lavorare. Le informazioni di cui, a vario titolo, disponiamo sono confuse e contraddittorie. Gli stessi dati forniti dai principali enti pubblici sono spesso poco coerenti. Alla fine si opta per selezionare alcuni autori (spesso amici che scrivono su queste pagine) e fidarsi delle loro ricerche e dei loro pareri.
Complice internet l’informazione deve sempre più essere rapida e superficiale. Il lettore stesso cerca la facilità di lettura, io stesso mi rendo conto di aver ridotto in qualche modo la soglia di attenzione.
L’informazione diventa nello stesso tempo sempre più parziale. Dimenticando sempre la parte forse più importante per prendere decisioni economiche.
Sì, perché una delle ragioni cruciali per essere informati in maniera obiettiva e completa non è solo quella di riuscire ad esprimere un voto consapevole alle prossime elezioni ma – vale in particolare per imprenditori e professionisti – di valutare gli scenari economici e le strategie da adottare al fine di operare, bene, sul mercato. Identico ragionamento va fatto per quanto riguarda le scelte delle famiglie, nel dilemma tra spesa e risparmio.
Provo a fare qualche esempio per spiegarmi meglio.
– Il fenomeno StartUp: ci raccontiamo da tempo i grandi successi delle startup e della relativa normativa di vantaggio. Sono un fenomeno che seguo con interesse ma che deve essere valutato tenendo presente anche due criticità importanti:
La normativa oggi consente di definire innovative anche imprese che di innovativo hanno ben poco (quindi i numeri sono falsati e consolatori);
Le startup, quelle vere, spesso – per quella che è la mia modesta esperienza – se nascono in Italia appena terminano la fase embrionale, fuggono all’estero perché la normativa e la burocrazia italiane sono insostenibili. Spesso sono gli stessi investitori a pretenderlo.
– Il successo dell’Expo: Milano ha sicuramente risentito positivamente di Expo, si è rifatta il trucco, ha in qualche modo ritrovato fiducia in se stessa. Le domande che restano senza risposta sono: quanto ci è costata? Quanti sono stati i visitatori stranieri paganti? Quanti i convegni fatti a Milano in occasione di Expo ma che sarebbero ugualmente stati fatti in Italia? Quanto sul totale speso è finito in tangenti e mazzette? Chi mi segue lo sa, continuo a sostenere che abbiamo acquistato una splendida utilitaria al prezzo di una fuoriserie. Comprendo la volontà di preservare l’entusiasmo, ma vorrei avere notizia di come il sistema si è riformato per ridurre infiltrazioni criminali e corruzione. Per dire.
– Il contante: passiamo incredibilmente dal criminalizzarlo ad esaltarne la spinta propulsiva per l’economia. Qualche giorno fa mi sono visto costretto a far la fila in posta per ritirare un rimborso fiscale rigorosamente in contanti da uno Stato che lotta contro i contanti. Spettacolare.
– Il trionfo del turismo: torno oggi dalla montagna dopo uno splendido ponte, purtroppo senza neve. Leggo con toni di eccessivo trionfalismo di una ripresa del turismo. Purtroppo temo che gli italiani abbiano più che altro riaperto le seconde case, cercando di spendere il meno possibile. Se torniamo a scegliere l’Italia come meta molto dipende dalla crisi e dal terrorismo internazionale. Credo che la nostra offerta non sia migliorata più di tanto.
– L’occupazione: dati trionfalistici spesso smontati da analisi più critiche. Mi permetto di ricordare che una minore occupazione ha effetti depressivi sulla domanda interna.
– Situazione internazionale: confesso di essere preoccupato e confuso. Non sono un lettore distratto, né amo un certo relativismo, ma il quadro geopolitico internazionale è così complesso che non riesco a schierarmi nettamente con nessuno. Troppi gli errori commessi da tutte le parti in causa. È questo non è affatto rassicurante. Non lo è in particolar modo per l’imprenditore, che deve scegliere i Paesi in cui esportare senza temere sanzioni o dazi. L’incertezza della nostra politica estera nel caso della Russia, per esempio, ha un costo. Seriamente economico, prima ancora che drammaticamente politico.
– L’innovazione e la burocrazia: leggo l’ultima circolare sul patentbox (adoro questa moda tutta italiana di intitolare le circolari emesse sotto scadenza “primi chiarimenti “) in cui viene richiesto di “inviare istanza in carta libera con avviso di ricevimento a cui allegare copia della documentazione in supporto informatico…” e sperare in cuor mio che non vogliano un floppy…
– Immigrazione: oggi il dibattito è su immigrazione sì o no, tra apertura e chiusura delle frontiere. Il problema in realtà è che dell’immigrazione abbiamo bisogno, ma di qualità. Quanto investiamo per attrarre talenti?
Tutto questo non vuole essere solo l’ennesimo elenco di lamentele confuse (in parte, in realtà, lo è e me ne assumo la colpa giustificando fin da subito le critiche del lettore più arguto). Sono piccoli esempi per evidenziare quanto informazioni confuse e superficiali impediscano all’impresa di effettuare scelte corrette.
Se mi convinco che il mio settore è in ripresa mi sforzerò meno di rinnovare la mia offerta. Se leggo informazioni imprecise su un Paese rischierò di sbagliare i miei investimenti sull’export (spesso il budget delle PMI è limitato e bisogna scegliere uno o due Paesi in cui concentrare i propri investimenti). Se mi fido degli annunci governativi attenderò sine die un’agevolazione che non verrà mai (quanto meno nei termini annunciati).
A tutto questo si aggiungono le informazioni che vengono dalle Università e dal mondo della consulenza. Le proposte di convegni sono innumerevoli, mille iniziative interessanti ma che restano in superficie: Università che dovrebbero concentrarsi maggiormente nell’attrarre talenti, ricerche e convegni che dovrebbero avere maggior spessore, quelle novità impalpabili che sfiori ma non riesci ad afferrare in pieno…
Manca una sintesi più profonda. Siamo bombardati da troppi stimoli che fatichiamo a decifrare. Diventa invece sempre più importante riuscire a focalizzarci su un progetto e tornare a parlare alle imprese.
Vi siete accorti che alle imprese non parla più nessuno? E spesso quando parliamo alle imprese le inganniamo con dati parziali e fuorvianti.
Dobbiamo riscoprire il grande valore che ha l’informazione nelle scelte del sistema economico e valorizzarla. Questa è una sfida che deve impegnare soprattutto noi lettori, perché della cattiva informazione non siamo vittime ma complici.
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