categoria: Draghi e gnomi
La crisi di Carige, il Governo e la realtà che bussa alla porta
“Toc toc, c’è la realtà che mi bussa alla porta, non so se aprire o se nascondermi”. Così inizia una canzone di Cosmo di circa un anno fa.
La realtà questa volta ha bussato alla porta di chi, al Governo, aveva sempre attaccato i precedenti esecutivi per aver “dato soldi pubblici alle banche private”. Non potendosi nascondere hanno dovuto seguire, anche nella forma, la falsariga dei precedenti Governi e predisporre un paracadute per la Banca Carige S.p.a. – Cassa di risparmio di Genova e Imperia, che rimane probabilmente l’ultima banca italiana con una crisi irrisolta.
Non sono stati ancora erogati soldi dei contribuenti, è vero. Il decreto prevede però l’attivazione di due misure, che, se ce ne sarà bisogno, impegneranno consistenti fondi pubblici.
Una prima misura riguarda la liquidità. Lo Stato offre la possibilità alla banca di ricevere la garanzia pubblica su obbligazioni di nuova emissione. In questo modo la banca avrà la possibilità di collocare più facilmente queste obbligazioni sul mercato e ricevere liquidità. Oppure, più probabilmente, utilizzerà questo strumento nel modo con il quale è stato utilizzato durante la crisi del 2011/2012, poi recentemente dalle due banche Venete e da MPS. In pratica, Carige potrà emettere nuovi prestiti obbligazionari fino a 3 miliardi e sottoscriverli essa stessa. Ottenuta la garanzia pubblica saranno eleggibili nelle operazioni di rifinanziamento con la Banca Centrale Europea e potranno così essere utilizzati come collaterale per ottenere la liquidità direttamente dalla BCE.
Una seconda misura riguarda l’eventuale ricapitalizzazione precauzionale. Se Carige sarà a rischio di non rispettare i requisiti patrimoniali richiesti dalla BCE nell’ambito del SREP, lo Stato potrà intervenire, fino a 1,3 miliardi di euro, sottoscrivendo nuovo capitale.
Solo nel momento in cui la garanzia sarà escussa o verrà sottoscritta la ricapitalizzazione lo Stato avrà materialmente “messo dei soldi”. Ma già da adesso si è impegnato a farlo, offrendo di fatto un paracadute alla banca. Un paracadute per non farla sprofondare a causa dei problemi (alti costi operativi e crediti deteriorati) che la affliggono.
Il problema principale e immediato, come noto, nasce dalle rettifiche patrimoniali che lo smaltimento dei prestiti inesigibili, o comunque deteriorati, ha comportato e comporterà. A fine 2018, Carige aveva ancora in bilancio crediti deteriorati per circa 3,5 miliardi di euro: 0,9 miliardi di sofferenze (con tasso di copertura di circa il 77%) e 2,5 di inadempienze probabili (coperte al 38%). Se la cessione di questi crediti avverrà al valore rettificato, cioè quello risultante una volta detratte le coperture, allora non ci sarà alcun assorbimento patrimoniale. Lo stesso, chiaramente, avverrà se il piano di smaltimento venisse rimandato (improbabile al momento). In questi casi lo Stato non avrà necessità di intervenire nel capitale perché i requisiti richiesti dalla BCE verranno soddisfatti, al limite, attraverso la trasformazione in capitale del bond subordinato Tier2 sottoscritto dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD).
È però probabile che lo smaltimento di questi crediti avvenga a valori più bassi di quelli inseriti in bilancio. Ipotizzando, ad esempio, che le sofferenze siano cedute al 15% del valore lordo e le inadempienze al 40%, l’assorbimento di capitale sarà intorno i 700 milioni di euro. In questo caso la sola conversione in capitale del bond Tier2 non sarà più sufficiente a soddisfare i requisiti patrimoniali. Pertanto, se non si fosse riusciti a trovare nessun altro benefattore disponibile a versare centinaia di milioni, l’alternativa era soltanto la risoluzione di Carige o la sua liquidazione. Non essendoci altre obbligazioni subordinate oltre a quelle sottoscritte dal FITD, la risoluzione, o la liquidazione, avrebbe interessato sicuramente i 900 milioni delle obbligazioni senior (in buona parte detenuti dai risparmiatori) e, probabilmente, anche una parte dei conti correnti con saldo sopra 100.000 euro.
L’intervento dello Stato si inserisce in questo quadro. Da un lato opera per non fare andare a secco di liquidità la banca (chi detiene più di 100.000 euro sul conto corrente si sarà giustamente preoccupato in questi giorni), dall’altro fornisce un paracadute nel caso in cui emergano nuove perdite e non vi siano benefattori disposti a ricapitalizzare la banca. Un paracadute da utilizzare per portare Carige, ripulita dai problemi, in dote a qualche compratore (nello stile dell’operazione V&V – Intesa) oppure per ricapitalizzarla (come fatto per MPS). Chiaramente, l’intervento dello Stato in Carige avverrà dopo il burden sharing delle posizioni degli attuali azionisti e obbligazionisti junior, ma eviterà di toccare tipologie di passivo bancario che per loro natura sono molto delicate in un’ottica di stabilità finanziaria del sistema.
Ricordiamolo, le banche forniscono alle famiglie e alle imprese lo strumento per regolare i propri rapporti economici. Le passività bancarie, nella forma dei conti correnti, sono la principale forma di moneta del sistema economico. Se una notte può fare la differenza tra avere moneta ed avere passivo senza valore di una banca allora ecco che la fiducia nell’intero sistema finanziario si sgretola.
La lezione da trarre è che, ancora una volta, quello che può esser così facile sulla carta, tirare una linea e azzerare/trasformare le passività bancarie, nella realtà si scontra con il ruolo fondamentale che queste istituzioni hanno nel sistema economico.
Minare la fiducia nelle banche e nella loro capacità di continuare a fornire mezzi di pagamento che siano scambiabili alla pari con le banconote (la moneta della banca centrale) significa compromettere la stabilità finanziaria del sistema. Compromettere la fiducia nel funzionamento del sistema dei pagamenti.
Stando in TV o sui social, non avendo particolari responsabilità, si può certamente continuare ad ignorare la realtà. Si può far finta di ignorare o non approfondire il modo con il quale la fiducia nelle banche e nella moneta influenza il funzionamento del sistema economico. Questo fino a quando non arrivano le responsabilità e la realtà bussa alla porta.
Twitter @francelenzi