La miopia di politici e imprenditori frena l’Italia del turismo. Lo dimostrano i numeri

scritto da il 22 Marzo 2017

Pubblichiamo un post di Raffaello Zanini, fondatore del portale Planethotel.net. Laureato in urbanistica, assiste gli investitori del settore turistico alberghiero con studi di fattibilità, consulenza ai progettisti, selezione di opportunità –

Comprendere i dati che guidano i megatrend è strumento indispensabile per le scelte di investimento dei privati e per proporre soluzioni politiche che supportino una visione di medio periodo. Quelli sul turismo italiano che pubblichiamo oggi dimostrano, una volta di più, che gli imprenditori hanno avuto come obiettivo un tornaconto di breve respiro, quello stesso che ha guidato tutto il settore delle costruzioni; e che i politici cui spettava orientare lo sviluppo del turismo non l’hanno saputo fare, con un risultato, come vedremo, molto contraddittorio.

Il 2016 per il turismo europeo è andato molto bene, sono stati oltre 2,8 miliardi i pernottamenti in hotel (+2% su 2015), con una crescita decisa dei pernottamenti in Spagna (454 milioni, +7,8%), la tenuta dell’ Italia (395 milioni, +0,5%) e il crollo della Francia (-4,6%), condizionato soprattutto dagli effetti del terrorismo radicale. (qui trovate il raffronto sugli investimenti tra i tre paesi fatto due anni fa).

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Il saldo della bilancia turistica italiana (per vacanze), in buona crescita sul 2015, si è attestato a € 15,2 miliardi, confermando il trend degli ultimi anni, conseguenza dalla differenza tra quanto speso dagli stranieri per vacanze in Italia (€ 24 miliardi circa, uno in più rispetto all’anno precedente) e quanto speso dagli italiani per vacanze all’estero (€ 8,8 miliardi). Questo risultato certamente positivo, non è però sufficiente a tranquillizzare gli imprenditori del settore, non tutti almeno, perché le condizioni molto favorevoli di quest’anno avrebbero permesso un successo maggiore, che non si è avuto.

Luci ed ombre dall’Europa
La ricerca di Banca d’Italia pubblicata qualche giorno fa, ribadisce il ruolo centrale del turismo per l’economia del nostro paese. Contemporaneamente però racconta quanto le difficoltà economiche si riflettano sul turismo business, e su quello MICE, dove la capacità organizzativa dei nostri operatori è carente, nonostante gli sforzi infrastrutturali compiuti ad esempio in Romagna e a Roma, oltre che a Milano.

I dati pubblicati sono contraddittori, in parte allarmanti, e mostrano l’ incapacità di destinazioni storiche del nostro turismo ad attrarre proattivamente i viaggiatori. È un trend non di oggi, e che anche noi abbiamo evidenziato in passato, facendo proposte e dando indicazioni per un cambio di rotta.

Nel 2016 i flussi dei turisti stranieri giunti in Italia hanno avuto origine principalmente nell’Unione europea (UE), con 144 milioni di pernottamenti (+5 milioni sul 2015): francesi, tedeschi, britannici e svedesi soprattutto, mentre sono calati vistosamente olandesi, svizzeri ( -2 milioni di pernottamenti) e tutti gli europei extra UE (-4 milioni di pernottamenti).

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Bene dall’America
Gli arrivi da oltre Atlantico sono andati bene: statunitensi, brasiliani, messicani e argentini in crescita costante, con + 2,3 milioni di pernottamenti. In questo quadro la lievissima crescita dei cinesi segnala un problema della nostra proposta turistica ancora incapace ad attrarre i turisti da quel continente, per questo condividiamo la strategia di comunicazione e alleanze di Enit verso la Cina, che richiederà anni di lavoro coerente ma che ci auguriamo possa portare frutti rilevanti.

Con i pernottamenti degli europei, è complessivamente cresciuta anche la spesa per vacanze: ben € 574 milioni in più, mentre si è contratta la componente “viaggi d’affari”, segnale della difficile situazione economica italiana. In generale crescono di circa 10 milioni i pernottamenti in hotel, con un calo quasi generalizzato di altre forme di ospitalità (case per vacanze e parenti meno 9 milioni), segnale forse di una segmentazione del mercato, che andrebbe colta meglio, con i turisti in grado di spendere un po’ di più che scelgono l’Italia, mentre quelli meno esigenti scelgono soluzioni meno esclusive.

Ancora una volta questo dato si riflette sulla maggiore spesa degli stranieri nei nostri hotel, con 1,2 miliardi di spesa aggiuntiva, per un totale di € 21,950 miliardi nel 2016.

Questi numeri confermano i tanti ragionamenti che si rincorrono da almeno 10 anni sul blog planethotel.blogspot.it.

Successi e delusioni
In questo quadro mediamente positivo, spiccano alcune realtà del paese che sono andate molto bene, altre che sono cresciute senza particolari scoppi pirotecnici, e altre ancora che non hanno saputo cogliere un andamento del mercato orientato al successo.

Chi ha tratto il maggior vantaggio sono state le regioni di mare che hanno approfittato della crisi del Nord Africa, in primis Friuli Venezia Giulia, Puglia e Sardegna (con il raddoppio dei pernottamenti), molto bene anche Piemonte e Liguria, oltre a tutta la costa Adriatica a partire dal Veneto, proseguendo per la Romagna e giù giù fino alla Puglia.

Male – tra le destinazioni di mare – Calabria e Sicilia, oltre al Lazio appesantito dalla crisi di Roma, e per quanto riguarda la montagna, molto male Valle d’Aosta, Trentino ma soprattutto Alto Adige.

Il calo della Lombardia dopo l’anno di Expo potrebbe esser considerato fisiologico, anche se richiederebbe una riflessione attenta e puntuale. Infatti in Lombardia cresce la spesa per turismo e vacanza ( da € 2,52 a € 2,67 miliardi) mentre cala quella per turismo d’affari (da € 1,92 a € 1,87 miliardi), a ulteriore conferma che EXPO2015 aveva attratto poco il turista straniero.

Difficilmente comprensibile il crollo della spesa degli stranieri in Sicilia, che è passata da € 1,4 miliardi ad appena € 946 milioni. Straordinario e meritato, il raddoppio della spesa degli stranieri in Sardegna da € 608 milioni, a € 1,11 miliardi. Ottima la crescita della Puglia che si ferma a € 482 milioni, molto lontana dalle proprie possibilità a causa .- a nostro parere – di un modello urbanistico/territoriale con alto spreco di territorio e bassa produttività del costruito.
Dividendo il fatturato pugliese per il numero di turisti stranieri si scopre che ogni turista ha portato solo € 392,00, mentre i viaggiatori giunti in Sardegna hanno lasciato sul territorio ben € 745 ciascuno.

Intervenire su lunghezza del soggiorno e prezzo di vendita delle vacanze è determinante per portare più o meno ricchezza alle destinazioni. Certo che prima serve investire nelle strutture di accoglienza e nella motivazione al viaggio.

In alcune zone come il Piemonte e la Liguria il numero dei pernottamenti in hotel nel 2016 è cresciuto in modo evidente. Lo stesso è avvenuto in Toscana, e in modo deciso, come detto, in Sardegna (passati da 2,2 a 4,4 milioni), dove peraltro sono cresciuti anche i pernottamenti in case d’affitto (da 2,3 a 3,5 milioni, caso quasi unico in Italia).

Le zone che sono andate peggio sono anche quelle che hanno visto un calo dei pernottamenti in hotel, come Lazio, Calabria e Sicilia (quest’ultima passata da 7,5 milioni a 4,0 milioni).

La ricchezza turistica del paese non sta nel “piccolo è bello” ma in strutture organizzate per accogliere e abbastanza grandi da sopportare il costo della promozione e del marketing necessario ad attrarre i clienti. Così come complessivamente il numero dei pernottamenti di stranieri è cresciuto tra il 2015 e il 2016 di “solo” 1,9% la spesa degli stessi è cresciuta di ben il 3,2%, effetto di una evidente spostamento della clientela verso soluzioni e destinazioni con prezzi più remunerativi.

Anche l’analisi delle motivazioni del viaggio ci conferma questo fenomeno: cresce l’arrivo di turisti motivati da vacanza e da acquisti-shopping; resta stabile la motivazione religiosa, i viaggi di nozze, la visita a parenti ed amici, oltre che convegni e congressi. Diminuiscono i viaggi di stranieri motivati da studi e corsi, o per vacanze termali.

Non è un caso poi che alla crescita del turismo di alcune zone corrisponda anche un forte incremento nel traffico aereo dell’aeroporto di riferimento, si veda la tabella che segue con gli incrementi sul 2015.

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Le provincie in salute e le peggiori
Entrando nel dettaglio dell’analisi, guardiamo i dati a livello di provincia, e ci accorgiamo meglio di quello che è successo.

Torino, ad esempio ha avuto un boom straordinario.

Alcune città sedi di aeroporto hanno segnato un calo anche ai minimi dei 5 anni, così Bergamo, Brescia, e Varese.

In Veneto fa molto bene Venezia, che si è ripresa dalla crisi di alcuni anni fa. Invece stenta Verona che perde ben 4 milioni di pernottamenti. Forte calo a Belluno, crolla Bolzano.

La costa adriatica va bene, salvo Rovigo e Ferrara. Ravenna, Rimini, Ancona, Pescara e Chieti vanno molto bene.

In Puglia vanno bene Lecce (che quadruplica i pernottamenti in 4 anni) e Bari, meno bene il resto della regione.

4-mezzi_di_trasportoIl Lazio male, perde 7 milioni di pernottamenti. La Campania tiene. In Sardegna Sassari e Cagliari vanno bene. Della Calabria abbiamo detto, e la crisi coinvolge anche la costa orientale della Sicilia, Catania e Messina.

La tabella a sinistra mostra l’importanza che hanno sempre di più i collegamenti aerei nel trasporto dei turisti, anche se quasi 50 milioni di viaggiatori sono arrivati in Italia in automobile, soprattutto d’estate, e 30 milioni circa in aereo.

Le vacanze dei tedeschi
Per una valutazione di sintesi su un anno turistico che – come visto – è stato contraddittorio, si deve far riferimento ad un dato macro che finora non si è sottolineato abbastanza. I turisti europei nel 2016 sono cresciuti, lo dicevamo proprio nelle prime righe di questo post.

Ben il 57% dei tedeschi ha fatto nel 2016 almeno una vacanza di 5 giorni, il 24% due vacanze, e il 10% ben tre. Il mercato tedesco per noi italiani dovrebbe essere uno dei principali.

Eppure i tedeschi hanno scelto la Germania nel 34% dei casi (32,2% nel 2015), e la Spagna nel 14,1% dei casi. L’Italia viene scelta solo dal 7,9% dei tedeschi, in leggero calo sul 2015. Mentre l’Austria viene preferita dal 4,4% dei tedeschi, la Croazia dal 3,3% la Scandinavia dal 2,9% e la Grecia dal 2,8% (tutte queste destinazioni in crescita). Quindi anche in un anno in cui tutto il turismo europeo cresce, e nel quale il turismo tedesco aumenta, l’Italia non riesce ad approfittarne, come invece fanno altre destinazioni.

Inglesi una potenzialità inespressa
Un altro mercato che a mio parere dovrebbe tornare ad essere attentamente valutato dai nostri imprenditori e dall’Enit è la Gran Bretagna.

Secondo l’Office for National Statistics i britannici hanno fatto ben 70 milioni di viaggi per vacanza nel 2016 (in ulteriore crescita rispetto ai 65 milioni di viaggi del 2015).

Anche in questo caso una grande maggioranza ha preferito la Spagna (13 milioni di viaggi, per il 18%).

Secondo la Banca d’Italia i viaggiatori che dal Regno Unito sono venuti in Italia per vacanza o altro motivo personale sono stati poco più di 4 milioni nel 2016 , è un ottimo risultato,+ 10% su 2015. Ma di nuovo molti molti meno di quanti si potrebbero attrarre, e che oggi per molte ragioni preferiscono la Penisola Iberica, o altre destinazioni di mare e cultura.

Si tenga presente che la situazione determinata dalla futura #brexit, e dal diminuito valore di cambio della Sterlina, viene costantemente osservata dagli operatori turistici che promuovano vacanze e viaggi agli Inglesi. Durante un incontro promosso da ANTOR (l’Associazione dei National Tourist Office presenti in UK) una società specializzata in marketing e ricerche, ha tranquillizzato gli operatori prevedendo che il turismo inglese verso l’estero non risentirà della brexit, sia per volume e quantità, soprattutto nella sua componente medio-alta.

In conclusione 
Il 2016 è stato un anno con luci ed ombre, caratterizzato dagli effetti del terrorismo e dal conseguente spostamento del turismo da Nord Africa a Spagna e Italia.

Un anno che mostra come, anche in un periodo favorevole, ci siano zone del paese più deboli, con una strategia turistica del Paese sia ancora poco definita. Mentre la promozione sta acquisendo un assetto coordinato e comprensibile, la vision di che cosa sarà l’Italia urbanistica e turistica da qui a 20 anni ancora non è esplicita, soprattutto per la responsabilità parcellizzata tra le diverse regioni e tra diversi assessorati di ciascuna regione: turismo, urbanistica, ambiente, economia.

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